FAURE: Quintetti con piano Op.89 & 115

Gabriel Fauré contribuì ad accrescere le fortune del quintetto per archi e pianoforte, genere definito da Luigi Boccherini e portato a perfezione nel corso del XIX secolo da compositori del calibro di Robert Schumann, Johannes Brahms e César Franck, con due opere di grande bellezza, stilisticamente lontane anni luce sia dalle romanze giovanili sia dalle atmosfere evanescenti di quella macabra ninna nanna che è il suo Requiem. In particolare, il Quintetto op. 89 continua a rimanere ai margini sia del repertorio concertistico sia del cuore degli appassionati di cameristica in parte per la sua genesi e in parte per la sua tormentata storia successiva. Definito da Koechlin «una delle opere più belle scritte dal suo compositore», questo quintetto può essere considerato il lavoro che diede inizio all’ultima fase creativa di Fauré. Il Quintetto op. 115 è invece una delle ultime opere portate a termine dal compositore francese e ascoltandolo non si può che rimanere sorpresi dai suoi toni assai meno malinconici e crepuscolari rispetto a quelli dei lavori scritti nello stesso periodo. Giunto ormai al termine della sua vita, Fauré seppe dimostrare il suo altissimo magistero e la sua ancora prodigiosa capacità creativa, regalando al repertorio cameristico francese – di cui era stato per molti anni uno degli interpreti più raffinati – uno dei suoi monumenti più duraturi.