NINO ROTA: Opere per piano

Nino Rota ebbe sempre un rapporto straordinario con il pianoforte, una circostanza che trova spiegazione anche nel fatto che il suo nonno materno, Giovanni Rinaldi, era un compositore molto conosciuto, che dedicò gran parte delle sue energie a questo strumento. Nella Storia di Nino scritta da sua madre è riportato questo episodio: «All’età di otto anni vidi Nino improvvisare al pianoforte, producendo armonie così naturali che ebbi quasi l’impressione che i tasti stessero muovendosi da soli sotto le sue dita. Quando si accorse che lo stavo ascoltando a bocca aperta, suo padre mi chiese con malcelato scetticismo: “Pensi che abbia davvero talento, oppure ci stiamo solo illudendo come fanno molti genitori?”». No, i genitori di Nino non si stavano affatto illudendo, in quanto il loro figlio era veramente un fanciullo prodigio. Se si pensa allo stretto rapporto che unì Rota al pianoforte, non si può che rimanere meravigliati di fronte al fatto che nel corso della sua carriera il compositore milanese dedicò a questo strumento un corpus di opere decisamente esiguo, pari ad appena 14 lavori, compresi quelli scritti durante la sua giovinezza. In particolare, le opere di maggiore respiro dimostrano quanto grande sia stato il ruolo rivestito dalla figura di Johann Sebastian Bach nel processo di orientamento stilistico del giovane Rota. Nel 1950 Rota scrisse le Variazioni e Fuga nei dodici toni sul nome di Bach, un’opera dotata di una magnifica fuga caratterizzata da una struttura scopertamente cromatica, che pone all’interprete un gran numero di difficoltà tecniche, al punto da essere stata paragonata alle opere più complesse di Max Reger. Il lavoro più impegnativo dedicato da Rota al pianoforte solo è senza dubbio costituito dai Quindici Preludi, nei quali è possibile notare numerosi motivi cromatici sia ascendenti sia discendenti fin dai primi quattro preludi.