GRAUN J.G. & C.H.: Trii

Questo terzo disco realizzato dalle prime parti dell’ensemble di strumenti originali Les Amis de Philippe sulla base dei manoscritti conservati nella biblioteca di Dresda presenta quattro trii di straordinaria bellezza dei fratelli Johann Gottlieb e Carl Heinrich Graun. Sotto l’aspetto stilistico, queste opere riescono a fare coesistere armoniosamente le ragioni di un virtuosismo brillante e pieno di vita con una vibrante passionalità e una intensa vena poetica, che trova piena espressione nelle aristocratiche melodie dei movimenti lenti. Entrambi titolari di posizioni di grande importanza nell’estabilishment musicale della corte berlinese di Federico II, i Graun furono considerati «compositori strumentali di primissimo piano» e tra i musicisti più influenti della loro epoca, grazie a una fama che superò ampiamente i confini di Berlino e di Potsdam. Nel campo della cameristica, i Graun svilupparono un grande interesse per il genere della sonata a tre. Allo stato attuale di questi due autori si conoscono ben 136 sonate a tre per diversi organici strumentali. Nei quattro lavori presentati in questo disco i Graun dimostrano di conoscere alla perfezione le logiche che regolano questo genere, sfoggiando una brillante scrittura virtuosistica e una ritmica estremamente vivace e coinvolgente. Il gran numero (e la straordinaria varietà) delle fonti costituiscono un’ulteriore prova di quanto fossero conosciute e diffuse queste opere durante il XVIII secolo: le 34 sonate a tre conservate a Dresda ci sono state tramandate da ben 268 fonti disseminate in tutto il mondo, mentre se si estende l’esame a tutte e 136 il numero delle fonti supera largamente il migliaio. «Le prime parti dell’ensemble Les Amis de Philippe superano a pieni voti gli innumerevoli passaggi virtuosistici di queste opere, che non vennero sicuramente scritte per musicisti dilettanti. Le eleganti linee melodiche, la sensibilità espressiva e il dialogo serrato tra i musicisti sono apprezzabili sotto tutti i punti di vista e la decisione di impiegare nel basso continuo un fortepiano anziché un clavicembalo sottolinea lo spirito innovativo di queste opere con l’intenzione di realizzare un ventaglio più ampio di sfumature dinamiche» (FonoForum, settembre 2011 a proposito del primo volume).