

Esecutore: Vogler Quartett
Autore: Dvorak
Numero dischi: 2
Barcode: 0761203762620
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Il terzo volume dell’integrale dei quartetti per archi di Antonín Dvorák del Vogler Quartett
Una personalità dal carattere spiccatamente individuale, sviluppata e rivelata nelle interpretazioni in ensemble costituisce senza dubbio il segreto del successo del Vogler Quartett, una formazione di alto profilo, che porta avanti dal 1985 una carriera ricca di grandi successi senza avere mai cambiato alcun componente. Recensendo il primo volume dell’integrale dei quartetti per archi di Antonín Dvorák varata dalla CPO, il critico della prestigiosa rivista FonoForum ha scritto: «Il Vogler Quartett sfoggia sonorità pastose, un contorno ritmico fortemente accentuato e caldi colori della terra. Grazie a queste caratteristiche, questo primo volume costituisce senza dubbio un eccellente avvio di questa nuova integrale». Il terzo volume di questa splendida integrale curata da questo ensemble, che comprende anche il Quintetto per archi e il Quartetto per archi e pianoforte, presenta in questo cofanetto doppio altri tre quartetti per archi. Con la sua durata di oltre un’ora, il Quartetto n. 3 in re maggiore è di gran lunga uno dei quartetti più lunghi di tutta la letteratura cameristica. Il fatto che Dvorák abbia scritto questa monumentale opera subito dopo la prima rappresentazione dei Maestri cantori di Norimberga di Wagner non lascia alcun dubbio su quale sia stata la determinante principale delle ciclopiche dimensioni di questo lavoro. Composto nel 1876, il Quartetto in mi maggiore per archi appartiene alla fase centrale della parabola creativa del grande compositore boemo, nel corso della quale compì numerose ardite sperimentazioni in campo formale e armonico. Il movimento lento può già essere considerato come un precursore dei dumka scritti in seguito. Il termine ucraino dumka – un panslavista come Dvorák non poteva certamente farsi influenzare solo dalla tradizione popolare del suo paese – deriva dal termine dumatj (“pensare”) e può essere tradotto liberamente come “melodia contemplativa”. Questa ballata popolaresca, nella quale le melodie del canto e della danza sono inestricabilmente legate tra loro, non può essere ricondotta a nessun genere predefinito, ma garantisce un ascolto veramente eccitante.