HORACE TAPSCOTT: The Call

Esecutore: Horace Tapscott, piano; Jesse Sharp, sassofono; Linda Hill, piano; Adele SEbastian, flauto

Autore: Horace Tapscott

Numero dischi: 1

Barcode: 5060149623473

Pure Pleasure
LP
Jazz
2019
PPNS246
2019-12-01
37,00 €
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Doppio LP da 180 grammi di livello audiophile

Rimasterizzazione effettuata da Ray Staff presso l’Air Mastering di Lyndhurst Hall, Londra

La Pan-Afrikan Peoples Arkestra (P.A.P.A.) di Horace Tapscott fu una delle big band più innovative, lungimiranti e fantasiose a mettersi in luce nel panorama jazz degli anni Sessanta e Settanta. In realtà, la P.A.P.A non raggiunse mai la fama planetaria di altre orchestra attive nello stesso periodo e il fatto che il nome di Horace Tapscott non suoni familiare alla maggior parte degli appassionati di jazz come quelli di Thelonious Monk e McCoy Tyner è dovuto alle logiche commerciali di un mercato dominato dalle case discografiche, nel quale una band che non registra dischi semplicemente non esiste. E la Pan-Afrikan Peoples Arkestra non registrò dischi per quasi 20 anni. Va però detto che il successo commerciale non fu mai una priorità per questa formazione, che si poneva ben altri obiettivi. Infatti, dopo averla fondata all’inizio degli anni Sessanta come Underground Musicians Association, Horace Tapscott volle sempre che la sua orchestra fosse prima di ogni altra cosa un progetto comunitario.

Dal suo quartier generale di Watts, la Underground Musicians Association iniziò a portare avanti la sua attività. Il gruppo venne ribattezzato Pan-Afrikan Peoples Arkestra nel 1971 e poco dopo gli fu offerta una residenza mensile presso la Immanuel United Church of Christ, che mantenne per oltre un decennio, mentre si esibiva in ogni parte di Los Angeles e in altre zone. Tuttavia, per tutti questi anni la P.A.P.A. non registrò una sola nota di musica. Per cambiare questa situazione a dir poco paradossale, si dovette attendere il provvidenziale intervento di un fan di nome Tom Albach. Assolutamente convinto del fatto che il lavoro della Pan-Afrikan Peoples Arkestra dovesse essere in qualche modo documentato, Albach fondo la Nimbus Records, con lo scopo di registrare la musica di Tapscott, dell’Arkestra e dei numerose musicisti di alto livello che ne facevano parte.

In questo disco, il compositore presenta quattro ampi arrangiamenti tra i 16 brani per orchestra, che vedono protagonisti parecchi artisti della Nimbus West, tra cui Adele Sebastian, Jesse Sharps e Linda Hill. Questi brani sono pervasi dal tipico sound della musica afro futuristica, come si può notare dai continui cambiamenti di tempo e dalla ricerca di espressività per mezzo di rallentamenti dinamici che appaiono al tempo stesso complessi e affascinanti, con un profondo afflato spirituale che attraversa tutti e quattro i brani.

«“Peyete Song No. III” è un grandioso brano dai tratti cerimoniali e sonorità al tempo stesso brillanti ed evocative, che vede protagonista tutta l’orchestra, con una serie di assoli sorprendenti soprattutto di Horace Tapscott, il cui pianoforte esprime un sound che pare provenire da un’altra dimensione. Questo arrangiamento trasmette un messaggio molto importante di un popolo e dei suoi rituali.

Horace Tapscott conferisce alla celebre “Nakatini Suite” di Cal Massey una splendida rivisitazione per big band dai toni chiaramente proiettati verso il futuro. In precedenza, questo pezzo era già stato eseguito in maniera eccellente sia da Lee Morgan nel suo album Lee-Way sia da John Coltrane nel suo disco Believer, in quest’ultimo caso con il titolo “Nakatini Serenade”. Grazie a un impasto sonoro molto più ampio, questa esecuzione dà ampio spazio al dialogo tra il sassofonista Jesse Sharps e il batterista Everett Brown Jr., con tutta l’orchestra diretta da Horace Tapscott che riesce a cogliere in maniera molto nitida il messaggio di Cal Massey.

La vocalist Adele Sebastian apre il originalissimo arrangiamento di “Quagmire Manor at 5 a.m.” con uno stile molto simile a quello che aveva adottato in “Day Dream”, pubblicato nel classico album “Desert Fairy Princess”, per poi fare decollare la musica verso altezze vertiginose, incapsulando nella musica il senso dell’esistenza umana e la fugacità del tempo.

Questo è uno di quegli album che appaiono nuovi ogni volta che li si ascolta, arche e soprattutto per la grande importanza che ha avuto nella storia degli afro-americani e dei temi politici e artistici legati alla sua uscita. Per approfondire la conoscenza di questo disco, si consiglia di vedere il film Horace Tapscott, Musical Griot della regista Barbara McCullough e di leggere il libro “Songs Of The Unsung”: The Musical & Social Journey of Horace Tapscott» (Mark Jones, UK Vibe).

Registrazione effettuata l’8 aprile del 1978 a Los Angeles.

Horace Tapscott, pianoforte e direzione

Jesse Sharps, sax soprano, sax tenore, flauto di bambù e direzione

Linda Hill, pianoforte

Adele Sebastian, voce e flauto

Lester Robertson, trombone

David Bryant, contrabbasso

Everett Brown Jr., batteria

Herbert Callies, clarinetto e sax contralto

James Andrews, sax tenore e clarinetto basso

Michael Session, sax contralto

Kafi Larry Roberts, flauto e sax soprano

Archie Johnson, trombone

Red Callendar, tuba e basso

William Madison, batteria e percussioni

Louis Spears, violoncello e contrabbasso

Kamonta Lawrence Polk, basso

Lato A

The Call

Quagmire Manor at Five A.M.

 

Lato B

Nakatini Suite

Peyote Song No. III

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