Questo disco è la prima registrazione effettuata con unorchestra da Jean-Efflam Bavouzet per la Chandos. Dopo lo straordinario successo ottenuto dalla sua integrale delle opere per pianoforte di Claude Debussy (definita dal critico di Gramophone Bryce Morrison «Con ogni probabilità lintegrale delle opere per pianoforte di Debussy più autorevole e stimolante in commercio» e premiata con i massimi riconoscimenti sia da Gramophone sia dal BBC Music Magazine) e luscita del primo volume di unintegrale delle sonate di Haydn che promette meraviglie, il grande virtuoso francese volge la sua attenzione a tre dei concerti più significativi del XX secolo. Béla Bartók scrisse il Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra  considerato dagli addetti ai lavori una delle opere più ambiziose in assoluto del compositore ungherese  nel 1926. La scrittura spiccatamente percussiva del pianoforte conferisce a questo concerto un mordente che non può lasciare indifferente nessuno. Il primo movimento è caratterizzato da una ritmica molto accentuata e da un carattere molto drammatico, lAndante centrale si compone di un dialogo tra il pianoforte solista e quattro strumenti a percussione che sfuma in una suggestiva musica notturna, mentre nel finale  che segue il movimento precedente senza soluzione di continuità  Bartók ripropone il piglio energico e brillante del primo tempo, utilizzando in maniera molto espressiva le percussioni che contribuiscono ad arricchire la tavolozza sonora del concerto. Il Concerto n. 2 fu eseguito per la prima volta nel 1933. Rispetto allopera precedente, questo concerto sfoggia una scrittura nettamente più melodica e nel primo movimento  in stile contrappuntistico  gli archi si fanno notare per la loro totale assenza. Lintimo movimento lento condotto dagli archi viene bruscamente interrotta da uno scherzo brillante e pieno di energia  che presenta sorprendenti sequenze di tremoli e una serie di soluzioni armoniche molto innovative  che verso la fine lascia di nuovo spazio allatmosfera morbida e tranquilla delle prime battute. Il Finale  che vede di nuovo protagonisti gli strumenti a percussione e gli ottoni  chiude il concerto con un virtuosismo molto coinvolgente. Scritto nel 1945 negli ultimi mesi di vita del compositore ungherese, il Concerto n. 3 è caratterizzato da toni assai più introversi rispetto a quelli dei due concerti che lo avevano preceduto. Se paragonato alle altre opere orchestrali di Bartók, questo concerto è nettamente più leggero e poetico, al punto che alcuni critici si sono spinti al punto da definirlo addirittura neoclassico. A differenza della maggior parte delle opere scritte da Bartók, questo concerto non fu composto su commissione, ma venne concepito come dono di compleanno per la seconda moglie del grande compositore ungherese, Ditta Pásztory, che era come il marito una pianista di grandissimo talento. Caratterizzati da un incedere molto vivace e dalla ritmica accentuata tipica di Bartók, il primo e il terzo movimento sono separati da un movimento lento di grande bellezza e serenità, anche in questo caso inframmezzati da una sezione dal carattere contrastante. Le ultime diciassette battute furono orchestrate dopo la morte dellautore da Tibor Serly, che si basò sugli appunti lasciati dal suo grande maestro.
Tracklist
Béla Bartók (1881-1945)
Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra Sz 83
Concerto n. 2 per pianoforte e orchestra Sz 95
Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra Sz 119