STRAVINSKY: Petrushka (Versione 1947)

Esecutore: New Philharmonia Orchestra, Otto Klemperer

Autore: Stravinsky

Numero dischi: 1

Barcode: 0749677115616

Testament
LP
2021
TESLP1156
2021-02-01
37,00 €
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«Questa registrazione di Petrushka venne effettuata nella primavera del 1967. Klemperer aveva già tagliato il traguardo degli 81 anni e non godeva più di una buona salute, ma stava attraversando una delle sue fasi di iperattività, durante le quali era ancora in grado di offrire interpretazioni destinate a entrare nella storia del disco. Nel mese di febbraio dello stesso anno il direttore tedesco aveva inciso la Nona Sinfonia di Gustav Mahler, in una delle versioni che a distanza di oltre mezzo secolo dalla sua realizzazione continua a essere considerata tra le versioni di assoluto riferimento del capolavoro del grande compositore di Kaliste. Questo memorabile disco fu seguito da una versione insolitamente vivace della Quinta Sinfonia di Anton Bruckner, da un disco che abbinava il Concerto in do maggiore per pianoforte e orchestra K. 503 (con Daniel Barenboim come solista) e la Serenata in do minore K. 388 di Mozart e – per chiudere degnamente il cerchio – la versione di Petrushka di Stravinsky di cui stiamo parlando. Lo spunto per la registrazione di Petrushka venne offerto dall’improvvisa malattia di Paul Kletzki, che lasciò la New Philharmonia senza direttore per gli imminenti concerti londinesi. Questa situazione venne risolta dal direttore artistico dell’orchestra, Lord Harewood, che chiese a Klemperer di sostituire Kletzki, una proposta che il direttore tedesco accettò di buon grado, a patto che nel programma venisse incluso Petrushka. Klemperer aveva una lunga familiarità con il celebre capolavoro di Stravinsky, che aveva diretto per la prima volta in teatro, nel corso di due concerti tenuti a Colonia nel maggio del 1922, in occasione della prima esecuzione assoluta dell’opera Der Zwerg di Alexander Zemlinsky. Richard Strauss era andato ad assistere a quel concerto per ascoltare Der Zwerg, ma rimase profondamente impressionato da Petrushka. Cinque anni dopo Klemperer abbinò a Petrushka alcune opere di Hindemith e di Schönberg in tre repliche di un allestimento molto deludente sotto l’aspetto coreografico ma assolutamente eccitante sotto il profilo musicale messo in scena all’Opera di Kroll. Nello stesso periodo Klemperer diresse Petrushka in forma di concerto a Los Angeles. Klemperer non nascose mai il fatto di aver trovato, sia da giovane sia nell’ultima fase della sua carriera di direttore, molto difficile l’interpretazione del balletto di Stravinsky. D’altra parte, va detto che se non provò mai un interesse particolare per La sagra della primavera, Petrushka seppe sempre conquistarlo. La psicologia di Petrushka – che vede protagonista una grottesca marionetta solitaria e ossessionata dalla mancanza d’amore, che si innamora di una ballerina insensibile alle sue profferte e alla fine viene assassinato dal suo rivale, un fatuo moro, tutti e tre vulnerabili creature di un crudele burattinaio, apparentemente onnipotente – era abbastanza vicina al modo in cui Klemperer vedeva se stesso e il mondo che lo circondava per essere più di un interesse casuale. Date queste premesse, nessuno può stupirsi del fatto che l’interpretazione di Klemperer sia al tempo stesso epocale e decisamente insolita, lontana anni luce da quelle letture sfarzose e virtuosistiche (di cui costituisce un esempio molto significativo l’ammiratissima edizione realizzata da Antal Dorati con l’orchestra di Minneapolis) che collocano Petrushka, emotivamente e intellettualmente, da qualche parte tra lo stile di Rimsky-Korsakov e le argute crudeltà da cartone animato della musica composta da Scott Bradley per Tom e Jerry. Per questa registrazione del 1967, la EMI decise di utilizzare gli studios di Abbey Road, rendendo la musica con quelle prese del suono magniloquenti, aperte e non del tutto raffinate che l’etichetta inglese e l’anziano Klemperer avevano dimostrato anche in precedenza di apprezzare molto. L’introduzione dell’opera, con il trambusto mattutino della Fiera della Settimana Grassa, non presenta alcun motivo di particolare interesse. Più in particolare, le dinamiche sono molto elevate e l’immagine sonora è relativamente povera di fascino descrittivo (per non parlare di quello coreografico). Con l’ingresso del Ciarlatano inizia il vero dramma, annunciato da una stentorea nota grave del controfagotto (6:09) e da una cadenza del flauto, pervasa da un intenso pathos e da un tagico presentimento. Come facilmente prevedibile, Klemperer dirige la prima danza delle marionette (Danse russe) a un tempo che rispetta le indicazioni della partitura (Tempo giusto), ignorando però il dato metronomico. Se paragoniamo la versione di Klemperer alla registrazione diretta da Stravinsky, si nota chiaramente che l’interpretazione dell’autore è di gran lunga superiore sotto il profilo della idiomaticità russa e degli spunti danzanti. Nonostante questo, l’edizione di Klemperer non è mai priva di motivi di grande interesse. Come scrisse giustamente Lord Harewood nella sua autobiografia, The Tongs and the Bones (Weidenfeld & Nicolson: 1981), i tempi lenti di Klemperer non erano quasi mai stucchevoli, grazie “al vigore e all’elasticità che riusciva sempre a imprimere all’accompagnamento. Le due scene seguenti (La stanza di Petrushka e La stanza del Moro) rappresentano il cuore pulsante del dramma e vengono eseguite in maniera veramente superba da Klemperer e dai suoi bravissimi professori d’orchestra, con sfumature espressive terrificanti, tenebrose e disperatamente tristi. Gli spunti selvaggi del trombone e della tromba (che rivelano tratti sorprendentemente simili al primo movimento della Terza Sinfonia di Gustav Mahler) sono realmente scioccanti e si nota un’altra eco mahleriano nel modo in cui Klemperer esprime il tema della Ballerina affidato alla cornetta e il valzer seguente (cornetta, flauto e fagotto), goffo, triste e completamente privo di sentimenti. Nell’ultimo tableau (Sera della festa popolare della settimana grassa), la registrazione della EMI raggiunge il suo livello più alto. La vivida caratterizzazione di questi ultimi episodi (Il contadino con l’orso, Danza dei carrettieri e degli stallieri e Le maschere) conferisce alla musica una dimensione che ricorda da vicino lo stile di Mussorgsky e – in questo modo – una sconvolgente premonizione della nemesi ormai imminente. A questo punto, viene spontaneo chiedersi perché questa registrazione non sia mai stata pubblicata. A quanto pare, le sessioni di registrazione si svolsero in maniera tutt’altro che facile. In queste circostanze sia i tecnici del suono sia i producer finiscono spesso per perdere di vista i dettagli a causa delle innumerevoli questioni aperte. Per questo si prese la decisione – evidentemente assai poco felice – di realizzare un master con i take ripresi durante l’ultima seduta di registrazione, che aveva comportato un numero leggermente minore di problemi, ma dove i componenti dell’orchestra dimostrano di sentire la fatica dei giorni precedenti. Si trattava della soluzione più logica e agevole, che però alla fine non piacque a nessuno, al punto che la EMI decise di non pubblicare il disco. In un primo tempo, Klemperer non nascose le sue perplessità, ma quando in seguito gli venne fatta ascoltare la registrazione – non le riprese delle sessioni di registrazione, ma l’ultimo edit del master, anche il direttore tedesco si convinse che quel disco non meritava di essere lanciato sul mercato. Come si può facilmente notare, questa è una storia ricca di pathos. In cuor suo, Klemperer sapeva – o credeva di sapere – che in fondo questa registrazione non era venuta così male. Si dovette attendere ben 30 anni prima che questi nastri venissero riesumati da Paul Baily e Stewart Brown, che dimostrarono a tutti che i primi take contenevano in effetti un’interpretazione molto affascinante, che meriava di essere presentata sul disco, un’opinione che si poneva in stridente contrasto con il giudizio dei componenti del team che aveva effettuato la registrazione. Ora, grazie all’impegno di Baily e di Brown, questa registrazione meravigliosamente visionaria torna – profondamente trasformata – per affascinare gli appassionati dei giorni nostri, come fa l’apparizione del fantasma di Petrushka nell’ultimo tableau del balletto di Stravinsky. Per fortuna, nessun problema di questo genere ha mai penalizzato l’altra opera presentata in questo disco, la Suite Pulcinella registrata nel 1963 da Klemperer con la Philharmonia Orchestra, un capolavoro che fu tra i principali jeux d’esprit del direttore tedesco, fin dalla prima fase della sua carriera. Prodotta dal mitico Walter Legge, questa registrazione venne pubblicata nel 1965, in un disco che comprendeva anche una splendida interpretazione della Sinfonia in tre movimenti diretta dallo stesso Klemperer. Klemperer affronta quest’opera con grande brillantezza (il Vivo per trombone e contrabbasso è straordinariamente grandioso), ma va detto che nella registrazione del 1963 il direttore tedesco aveva adottato un carattere non già neoclassico, quanto neogotico, una scelta interpretativa fascinosamente anacronistica» (Richard Osborne, Gramophone).

New Philharmonia Orchestra, Otto Klemperer, direttore

Igor Stravinsky (1882-1971)

Petrouchka (versione del 1947)

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