ROSSINI: Petite Messe Solennelle

«Buon Dio, eccola finalmente qui, la mia modesta, piccola messa. Mi chiedo solo se ho concepito un’opera davvero sacra oppure mi sono limitato a mettere su carta qualcosa di sacrilego». Con queste parole, il settantaduenne Rossini si rivolse direttamente a Dio, al quale aveva voluto dedicare la più ampia e – al tempo stesso – una delle più significative e originali opere della sua ultima fase creativa, un capolavoro sacro dalle dimensioni monumentali, in tutto e per tutto in linea con le messe solenni che venivano eseguite nelle più grandi cattedrali d’Europa. In ogni caso, l’organico comprende solo gli strumenti che si trovavano comunemente in tutte le residenze signorili del XIX secolo, ossia un pianoforte e un harmonium, che accompagnano i solisti e il coro, arricchendo l’esecuzione con ritmi vivaci, figurazioni melodiche molto elaborate e un impasto sonoro estremamente caratteristico. Va anche detto che l’intonazione del testo liturgico non è del tutto ortodossa, un fatto che trova conferma in questa breve annotazione indirizzata da Rossini direttamente al buon Dio più di 30 anni dopo aver portato a termine il suo ultimo lavoro teatrale: «Sono nato per l’opera buffa, lo sai benissimo!». Alla fine, il compositore espresse tutta la sua gratitudine per questo specialissimo dono con «un pizzico di talento e un pizzico di cuore», due qualità che allora come oggi gli hanno permesso di conquistare i favori sia del pubblico terreno sia di quello celeste.

Dorothee Mields, soprano; Nicole Pieper, contralto; Tobias Hunger, tenore; Felix Schwandtke, basso; Tobias Koch, pianoforte Érard; Christian Gerharz, harmonium

Rheinische Kantorei, Edzard Burchards, direttore

Gioachino Rossini (1792-1868)

Petite messe solennelle, à quatre parties soli et choeurs avec accompagnement de piano et harmonium