JOHNNY CASH: At Folsom Prison

Esecutore: Johnny Cash

Autore: Johnny Cash

Numero dischi: 2

Barcode: 0196588719011

Lp 45 Giri
Pop/Rock
2024
MFSL2-543/45
2024-12-15
77,00 €
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Doppio LP da 180 grammi a 45 giri

High-Definition Vinyl

Edizione da collezionisti a tiratura limitata e numerata

L’album del 1968 che rese Johnny Cash una leggenda della musica!

Rimasterizzazione effettuata da Krieg Wunderlich con l’assistenza di Shawn R. Britton presso il Mobile Fidelity Sound Lab di Sebastopol, California

Lussuosa copertina gatefold

Johnny Cash conosceva già la strada che portava alla Folsom Prison quando la mattina del 13 gennaio 1968 lui e i componenti della sua band varcarono le munitissime mura di questo tristemente noto istituto carcerario per registrare l’album At Folsom Prison. Cash vi aveva già tenuto un concerto due anni prima, ma questa volta tutto era diverso.

Quel giorno Cash salì sul palco della Folsom Prison per due concerti, in un’atmosfera sociopolitica sempre più cupa e con la guerra in Vietnam che stava attraversando una delle sua fasi più cruente. A tutto questo si aggiungeva la amara consapevolezza che sia la sua carriera sia la sua salute parevano appese a un esile filo. In quella memorabile giornata il cantante dell’Arkansas condivise le sue ansie e i suoi penosi fallimenti con i detenuti che gremivano lo spazio antistante il palco. Queste emozioni trovano piena conferma sia nella scelta dei brani in programma sia nella straordinaria intensità con cui li eseguì. Grazie alla coraggiosa denuncia sulla situazione dello stato cercerario americano e al suo concreto impegno per la riabilitazione dei detenuti, At Folsom Prison rappresenta uno dei vertici assoluti della discografia di Cash, un giudizio che trova piena espressione nei tre Dischi di Platino che si aggiudicò e al contributo determinante che diede per trasformare quello che era considerato una star del country in un artista leggendario di richiamo internazionale.

Rimasterizzata con l’avanzato impianto della Mobile Fidelity nel suo studio californiano e presentata in una lussuosa copertina gatefold realizzata dalla Stoughton Printing, questa attesissima riedizione su doppio LP da 180 grammi a 45 giri di At Folsom Prison vi darà la netta impressione di essere stati proiettati magicamente nella mensa del carcere, con i detenuti che urlavano a squarciagola, le stesse persone con cui Cash era riuscito a stabilire una chimica, un rispetto e un’empatia che avevano raggiunto tutti. Questa ristampa audiophile vi consentirà di rivivere ciò che accadde quel giorno d’inverno del 1968 con una pienezza, un’immediatezza, una spaziosità e una dinamica assolutamente inimmaginabili nelle versioni precedenti.

Questo realismo si sente riecheggiare sulle pareti della sala, pulsare con energia dagli incalzanti ritmi acustici dei Tennessee Three, scoppiettare mei messaggi trasmessi dall’interfono, risuonare nei mordaci commenti dei presenti e nell’esecuzione di un paio di brani inediti, percepirlo nella palpabile energia che si sprigiona dall’interazione tra Cash, la sua band e il pubblico. Inoltre, attraverso l’inimitabile voce di Cash potrete vivere emozioni di incredibile intensità. Fondamento di tutta la sua musica, il timbro baritonale di Cash risuona con una profondità, una duttilità e una passione che sottolineano quanto questa apparizione significasse per lui – e con quanta immedesimazione stesse vivendo i brani che eseguiva.

In effetti, ogni brano di At Folsom Prison ha un significato ben preciso, denunciando le condizioni – mentali, emotive, fisiche, geografiche, legali e sociali – che i detenuti affrontavano quotidianamente. A partire dai messaggi espliciti dell’iniziale “Folsom Prison Blues”, Cash dimostra di comprendere e condividere molti dei problemi di chi stava vivendo l’esperienza del carcere in quella dura prigione. Non per niente il mito del Cash che ha scontato la pena è rimasto vivo per decenni dopo l’uscita di questo disco. Ecco quanto è reale e quanto Cash si impegna a trasmettere ogni nota con la stessa verità che investe nei commenti estemporanei che fa tra un brano e l’altro.

Ascoltando “Dark as the Dungeon” di Merle Travis potrete immergervi in sentimenti profondi come il dolore, il rimpianto, la pietà e la solitudine, con Cash che tira le sillabe fino a rischiare di romperle ed enfatizza al massimo grado i cupi stati d’animo di versi come «Pleasures are few» («i piaceri sono pochi») e «The sun never shines» («il sole non splende mai»). Il senso di iisolamento, lo sconforto e la tristezza che punteggiano il walking-blues “I Still Miss Someone” sono pari all’austera pesantezza con cui Cash esegue “The Long Black Veil”, una nenia tradizionale basata sui temi dell’omicidio, del tradimento e dell’inganno. Cash si spinge ancora più in profondità in una straziante interpretazione solistica di “Send a Picture of Mother” e in una versione semplice di “The Wall” di Harlan Howard, un brano che rievoca un suicidio dissimulato da evasione attraverso frasi scontate che maledicono dolcemente una situazione insostenibile.

Nel ripercorrere le tentazioni, gli errori, l’acuto senso di mortalità, la punizione e la vita che nel bene e nel male si conduce “dentro” – con le strazianti vicende di diseredati, dimenticati, cancellati e impenitenti – At Folsom Prison consente a Cash di vestire anche i panni del fuorilegge. In particolare, il cantante coglie con impressionante immediatezza la follia che si annida in due occhi selvaggi e il caos fuori controllo in un’interpretazione esaltata di “Cocaine Blues”, traendo ulteriore soddisfazione dai suoi stessi racconti scellerati grazie a un cambiamento di voce che gli permette di trasformarsi nei personaggi dello sceriffo e del giudice. L’umorismo da patibolo e l’inarrestabile dramma di “25 Minutes to Go”, gli accenti rapidi e la rassegnata accettazione del proprio destino di “I Got Stripes” e il fischio del treno di “Folsom Prison Blues”: tutti combattono la legge solo per vederla vincere.

Cash rimane profondamente coinvolto in ogni brano di questo disco e indissolubilmente legato alle anime tormentate che – per una ragione o per l’altra, sbagliata o giusta che potesse essere – erano state strappate al mondo esterno. Date queste premesse, nessuno può stupirsi del fatto che tutti i brani in programma tranne due siano state registrate nel corso della prima esibizione della giornata, che vide Cash, Luther Perkins, Marshall Grant e gli altri musicisti dare il massimo. Così come la futura moglie del Man in Black, June Carter. L’infuocato duetto della coppia in “Jackson” tocca temperature al calor bianco e l’azzeccatissimo mix di rassegnazione e forza d’animo con cui eseguono “Give My Love to Rose” mette l’ascoltatore nei panni del protagonista morente.

Con il brano che chiude l’album, la famosa “Greystone Chapel scritta dal detenuto Glen Sherley, che assistette a questa memorabile giornata sotto lo sguardo vigile dei secondini, Cash separa nettamente l’aspetto corporeo da quello materiale, offrendo preziosi consigli sulla sopravvivenza e sulla salvezza. Temi scottanti, sui quali Cash sarebbe tornato più volte nel prosieguo della sua luminosa carriera.

Johnny Cash

Lato A

Folsom Prison Blues

Dark as the Dungeon

I Still Miss Someone

Cocaine Blues

 

Lato B

25 Minutes to Go

Orange Blossom Special

The Long Black Veil

 

Lato C

Send a Picture of Mother

The Wall

Dirty Old Egg-Sucking Dog

Flushed from the Bathroom of Your Heart

Jackson – with June Carter

 

Lato D

Give My Love to Rose – with June Carter

I Got Stripes

Green, Green Grass of Home

Greystone Chapel

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