

Esecutore: Pharoah Sanders
Autore: Pharoah Sanders
Numero dischi: 1
Barcode: 5060149623015
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LP da 180 grammi
Rimasterizzazione effettuata da Ray Staff presso l’Air Mastering di Lyndhurst Hall, Londra
«Due anni dopo la scomparsa del suo boss e mentore John Coltrane e poco prima di firmare un importante contratto con l’etichetta Impulse, Pharoah Sanders portò finalmente a termine un disco da leader pubblicato da una casa discografica diversa da quelle che orbitavano intorno alla famiglia della Impulse. Grazie a un organico che comprendeva la bellezza di 13 musicisti, Sanders dimostrò che con Coltrane e il suo album d’esordio con la Impulse, Tauhid, non aveva di certo sprecato il suo tempo. Sebbene fosse detestato da molti jazzisti dell’epoca – e anche da molti critici jazz, assolutamente convinti che Coltrane aveva perso gran parte della sua ispirazione il momento stesso in cui aveva costituito il suo ultimo quintetto – Sanders seguì con estrema convinzione le sue idee, che lo stavano portando verso le esotiche sonorità della musica orientale e, a volte, verso generi al di fuori dei confini di quello che fino ad allora poteva essere definito jazz. Detto questo, Izipho Zam è un disco veramente bello, nel quale è possibile percepire chiaramente la profonda visione del mondo e l’intensità espressiva che caratterizzarono tutti gli album realizzati da Sanders a partire da quel momento. Tra i musicisti che hanno preso parte alla registrazione di questo disco meritano di essere citati Sonny Sharrock, Lonnie Liston Smith, Chief Bey, Cecil McBee, Sirone, Sonny Fortuna, Billy Hart, Howard Johnson e altri. L’album si apre con “Prince of Peace”, uno splendido brano soul, che vede Leon Thomas esibirsi nel suo caratteristico yodel e in un lamento intriso di una intensa melodia, con Smith McBee e Hart che lo accompagnano e Sanders che provvedere a colmare ogni lacuna. Segue poi “Balance”, il primo brano veramente originale dell’album, con le percussioni africane, il sassofono e gli spunti microtonali di Sanders, che si pongono in netto contrasto con la tuba di Johnson, e la sezione ritmica, che vede Sharrock e Smith duettare in maniera strepitosa e Sanders che evoca da metà brano alla fine una vivacissima danza latina: un ascolto di stupefacente bellezza. Per finire, nel brano che dà il titolo all’album – della durata di ben 28 minuti – tutti i membri della band eseguono una lenta melodia tonale, che affonda nell’abisso della dissonanza e dell’integrazione armonica, con Thomas che funge da ponte, attraverso il quale passa tutta la band. Da qui, gli strumenti a percussione, le campane, i flauti e l’arrembante chitarra di Sharrock forniscono la base ritmica di intervallo in intervallo e di figura tonale a figura tonale, fino al dodicesimo minuto, quando fa la sua comparsa il sax di Sanders. A questo punto la musica procede prima lentamente, crescendo poco per volta fino a esplodere al ventesimo minuto. Gli ultimi otto minuti presentano una serie di libere improvvisazioni e una lunga cavalcata per l’ascoltatore, fino a quando – quando mancano quattro minuti alla fine – Sanders guida la sua band in un’esaltante sezione lirica, che riunisce quasi per magia tutti gli eterogenei elementi del suo microcosmo espressivo, rendendo questo brano – e tutto il disco – un’esperienza assolutamente imprescindibile per tutti gli appassionati di jazz degni di questo nome» (AllMusic).
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