RY COODER: Jazz

Quando un artista del calibro di Ry Cooder, che ha esplorato a fondo la musica tradizionale, chiama il suo LP “Jazz”, è molto improbabile che contenga musica innovativa. In realtà, i brani presentati in questo album si ispirano in maniera più o meno evidente a una musica che a quei tempi era stata quasi dimenticata. Basati su solide radici storiche, ma non aderenti all’insieme strumentale originale, questi brani apparentemente sorpassati ebbero grazie a Ry Cooder una brillante rinascita. Proprio come in un album di affascinanti fotografie in bianco e nero, il vecchio stile torna a brillare, come in “Big Band Bill”, un brano che (non a caso) è modellato sullo swing sbarazzino di Django Reinhard, senza però imitarlo. La chitarra dal suono leggermente acido di Cooder si fonde in modo omogeneo con il sound deliziosamente rustico della tuba e del un mandolino bluegrass (“Face To Face”). Il tipico sonaglio caraibico della marimba intreccia un piacevole dialogo con il suono distorto della slide guitar. Uno spunto ternario dal sapore gradevolmente popolareggiante (“Happy Meeting In Glory”) va gradevolmente a braccetto con i toni vivaci e volitivi del sassofono (“In A Mist”) e con quelli sognanti e dolcemente meditativi della chitarra (“Flashes”). E poi bisogna ascoltare il classico “Davenport Blues”, che pone una grande enfasi sui fiati e sul vibrafono. Questo sound è intriso dello spirito di Bix Beiderbecke e, basandosi vagamente su Mingus, evoca l’anima di Jelly Roll Morton, per la grande gioia dei suoi fan.

Questa straordinaria riproposizione della Speakers Corner è stata realizzata con tecnologia rigorosamente analogica, utilizzando i nastri analogici originali e un procedimento di rimasterizzazione del tutto analogico, dal master alla testina di incisione. Per finire, va sottolineato il fatto che l’etichetta tedesca ha provveduto a pagare tutte le royalty e tutti i diritti d’autore, un fatto per nulla scontato al giorno d’oggi.